Le Province, snodo della democrazia e presidio territoriale. Ma si torni all’elezione diretta. Il Bard plaude a MattarellaLe Province, snodo della democrazia e presidio territoriale. Ma si torni all’elezione diretta. Il Bard plaude a Mattarella



[riceviamo dal movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti (Bard) e volentieri pubblichiamo]
Un saluto che è un chiaro messaggio politico a sostegno delle province, del loro ruolo e dell’elettività dell’ente: così il movimento Belluno Autonoma Regione Dolomiti legge il messaggio inviato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, all’Assemblea dell’Unione delle Province di Italia, riuniti oggi a Roma.


«Le parole del Presidente Mattarella sono quelle di un uomo di Stato e di democrazia, che ha capito il vero ruolo degli enti locali e del loro rapporto con il territorio. – commentano dal movimento – È ancora più importante leggere il riferimento e l’attenzione alle condizioni delle zone interne e montane; da bellunesi, sentiamo la perfetta aderenza delle considerazioni del Presidente alla nostra realtà, e il fatto che il ruolo delle province sia fondamentale anche nei pensieri della più alta carica dello Stato ci conforta».

Diversi i passaggi del saluto del Presidente che hanno attirato l’attenzione del direttivo BARD: “L’Italia di domani, cui guarda il tema prescelto per l’Assemblea, è l’orizzonte comune al quale tendere in una prospettiva di equilibrata distribuzione di competenze e responsabilità fra i livelli di governo, secondo i principi costituzionali di autonomia, sussidiarietà e buon andamento dell’amministrazione. – si legge nella nota del Quirinale – A fronte di obiettivi di semplificazione istituzionale, di revisione della spesa e di efficientamento amministrativo, che hanno motivato gli interventi di riordino degli anni passati, permane l’esigenza di presidiare adeguatamente funzioni di delicata e impegnativa rilevanza per la vita dei territori, dall’edilizia scolastica alla viabilità, che impattano direttamente su diritti primari delle persone, quali istruzione, mobilità, sicurezza. Recenti eventi calamitosi hanno, inoltre, ricordato l’importanza che, in un’ottica di coesione sociale e territoriale, la programmazione di area vasta consenta di ridurre le condizioni di ritardo e svantaggio di zone interne e montane, la cui qualità di vita è spesso strettamente correlata proprio allo stato della viabilità secondaria, dei trasporti e dell’ambiente”.


In evidenza anche il passaggio sul possibile ripristino dell’elettività: “Nel percorso di revisione organica dell’ordinamento delle province e città metropolitane – fra gli obiettivi del tavolo istituito di recente presso la Conferenza Stato-Città – potrà essere valutata la coerenza del quadro legislativo vigente, anche riguardo all’allocazione delle funzioni e delle risorse necessarie per il loro esercizio, nonché alla legittimazione degli organi elettivi”, continua la lettera; «Le parole del Presidente ricordano quanto noi ribadiamo a livello locale da anni. – concludono dal BARD – Competenze, risorse, elettività, legittimazione democratica: questi sono i perni sui quali si fonda la forza e la dignità di un ente locale e, di riflesso, del suo territorio. Speriamo che il messaggio del Presidente della Repubblica venga recepito dalle forze politiche e si metta finalmente fine all’agonia e alla vergogna alle quali le province italiane sono state condannate negli ultimi anni».

Un primo segnale è arrivato in questo senso è arrivato dal neo-eletto Presidente nazionale dell’UPI, Michele de Pascale, Presidente della Provincia di Ravenna: «Le Province devono essere considerate un’opportunità, e Governo e Regioni devono considerare queste istituzioni quali sede naturale per le funzioni amministrative. Certo però che al decentramento delle funzioni devono corrispondere le risorse. L’emergenza finanziaria è ancora la priorità: le risorse per assicurare i servizi, per garantire la sicurezza delle scuole, per la manutenzione dei 130 mila chilometri di rete viaria. È su questo che continueremo a chiedere risposte al Governo, questa è la nostra battaglia principale. Quanto poi alle questioni istituzionali è chiaro che la legge Delrio deve essere al più presto rivista profondamente, perché ormai non è più coerente. Dalla nostra esperienza possiamo dire che il sistema di elezione di secondo grado non funziona, perché produce sui territori un conflitto di interesse tra le funzioni di Sindaco e Presidente di Provincia. Per questo se Governo e Parlamento, proporranno il ritorno all’elezione diretta, avranno il nostro sostegno», le prime parole del nuovo presidente.

Belluno autonoma Regione Dolomiti (Bard)

Autonomia bellunese, attenti a Venezia che rema contro. Il Bard: subito il ripristino delle elezioni per la ProvinciaAutonomia bellunese, attenti a Venezia che rema contro. Il Bard: subito il ripristino delle elezioni per la Provincia

Passo Valles, provincia di Belluno


La questione dell’autonomia della Provincia di Belluno si trascina da decenni, in un crescendo di impegno popolare che è passato anche attraverso numerosi referendum. Consultazioni che hanno riguardato la richiesta di molti comuni di trasferimento territoriale verso le vicine Province a statuto speciale di Trento o di Bolzano, nonché verso il Friuli autonomo (il caso di Sappada, unico referendum cui Roma ha dato seguito completando l’iter con il passaggio del paese alla provincia di Udine).
Ma i bellunesi sono stati chiamati a votare, nell’ottobre 2017, anche sul progetto di una propria autonomia provinciale e il voto ha registrato un’adesione pressoché generalizzata al disegno di autogoverno dolomitico.
Ai bellunesi, invece, qualche anno prima, la Corte di Cassazione aveva negato la possibilità di esprimersi sull’ipotesi di avviare un processo per trasferire la provincia dalla regione del Veneto al Trentino Alto Adige, come terzo polo autonomo di un ambito istituzionale interamente alpino.

Mentre a Belluno in molti si impegnavano alla ricerca di una strada percorribile per arrivare a un assetto istituzionale stabile e autonomo per questa terra di montagna a rischio spopolamento, a Roma e a Venezia si remava contro: con la legge, i fatti, i provvedimenti amministrativi, le disposizioni finanziarie.
Ciò che rimane, a oggi, sono le parole.
A volte nemmeno quelle, come quando il presidente leghista del Veneto, Luca Zaia, afferma – incurante di valicare i confini dell’arroganza istituzionale – che l’autonomia bellunese non può stare in piedi da sola ma ha bisogno della Regione che lui governo.
A questo ennesimo atto di alterigia dogale ha risposto per le rime il sociologo Bellunese Diego Cason, esponente del movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti (Bard) in questo video che riassume bene le ragioni delle comunità dolomitiche e mette a nudo l’ostracismo sostanziale e perdurante di Venezia e di Roma:

C’è un fastidioso odore di malcelato spirito neocoloniale negli atteggiamenti supponenti e gerarchici delle autorità regionali nei riguardi delle nostre comunità, utilizzate come riserva idrica, cartolina pubblicitaria, parco giochi, passerella mediatica o vetrina internazionale per lo splendore lagunare (vedi le Olimpiadi a Cortina/Milano, incomprensibile sodalizio alpino-metropolitano presentato con ostentata vanagloria, come se quel territorio dolomitico fosse veneziano più che bellunese, senza peraltro ricordare che l’Ampezzano ha votato da tempo per passare al Sudtirolo).

C’è un fastidioso odore di malcelato spirito neocoloniale nelle reiterate scuse accampate da Venezia per non dare corso a quella forma di autonomia che, per quanto ridotta e denominata un po’ penosamente “specificità”, è pur prevista formalmente da anni, sia dal nuovo Statuto regionale sia dalle successive norme applicative.

C’è un fastidioso odore di malcelato spirito neocoloniale quando di fronte a una calamità come l’ondata di maltempo che ha devastato il Bellunese alla fine di ottobre, il governo veneziano accentra su di sé la regia della ricostruzione anziché cogliere l’occasione per dimostrare nei fatti l’empatia verso il bisogno di autonomia di queste vallate.

Insomma, è il momento di farla finita con le meline, con il ricorso alle scuse più fantasiose, ai rimpalli di responsabilità fra Venezia e Roma, alle esibizioni in stile maiestatico di personaggi ancorati probabilmente a vecchie visioni nazionalistiche più che a moderni progetti federalisti.

In qualche modo la stessa rivendicazione autonomistica del Veneto si può inserire in un’ottica ancora ispirata da pulsioni micronazionali, verticistiche, piramidali. Venezia sovrana, depositaria del potere che – forse, un giorno, chissà – potrebbe in qualche misura delegare alla Provincia di Belluno. Però i bellunesi dovrebbero prima dimostrare di meritarsela, di esserne capaci, di saper “camminare con le proprie gambe”, per riprendere le graziose espressioni utilizzate dal presidente veneto. Secondo il quale v’è una certezza: quei tempi non sono maturi, i bellunesi devono attendere ancora.

Anzi, osiamo immaginare che quei tempi si riveleranno assai lontani.
Abbiamo ragione di presumere che pure le future politiche, anche di un Veneto “autonomo” darebbero solo marginalmente risposta alle esigenze delle comunità alpine bellunesi. Ciò, perché quanto più si manterrà distante il giorno della “maturità bellunese”, tanto più Venezia potrà continuare a esercitare con dissimulato spirito neocoloniale il suo controllo sul territorio dolomitico.

Per quanto sia augurabile, sarà assai difficile poter assistere a un’inversione di rotta dopo decenni di relazioni istituzionali e politiche improntate alla subalternità del Bellunese alle politiche decise da Venezia (e Roma) e pensate per contesti metropolitani o di pianura, non certo per la montagna.
Dunque, ben venga la rinnovata richiesta di ripristino dell’elettività del consiglio e del presidente della Provincia, rilanciata ora dal Bard.

Sarebbe già un primo passetto la restituzione ai cittadini un ente provinciale che torni almeno ad avere le prerogative antecedenti alla sciagurata riforma pensata dal ministro Delrio durante il governo Renzi.
Le Province sono un importante snodo della democrazia non è un caso se la loro esistenza (volgarmente maltrattata da recenti governi e legislatori) è sancita dalla Costituzione della Repubblica.

Le Provincia – se correttamente animate – ravvivano la rappresentanza dei cittadini, in un’epoca di crisi del rapporto eletti/elettori, e forti del loro radicamento rappresentano uno strumento essenziale per coordinare politiche coerenti di area vasta, cioè per unire e rafforzare i territori omogenei che cercano soluzioni per affrontare le sfide del presente e del futuro prossimo.
Aver devastato questo ente è stata una follia.
Ora poter ripartire a Belluno da questa rinnovata certezza istituzionale sarebbe fondamentale. Ma con la consapevolezza che una Provincia forte e aperta verso i vicini, specie i territori alpini limitrofi, dovrebbe poi affrontare con determinazione il nodo del rapporto con la Regione Veneto. Che ci fa un territorio alpino impropriamente inserito in una Regione di pianura e di mare attraversata da logiche fortemente metropolitane? Quale speranza di autonomia possono avere le nostre comunità alpine, con i loro 200 mila abitanti in una Regione che ne conta cinque milioni e che – federalista a parole – continua nella prassi a svelare pulsioni microcentraliste?

Un esercizio di ottimismo in questa cornice sarebbe mal riposto.
Sembra ineludibile, piuttosto, riaprire quel cassetto che otto anni fa fu chiuso, non senza polemiche, dalla Cassazione: là dentro giacciono le 19 mila firme e la delibera quasi unanime del consiglio provinciale di allora, per poter chiamare i cittadini a esprimere il loro parere sull’ipotesi di avviare un processo che trasferisca la provincia di Belluno in Trentino Alto Adige.
Ricominciare a parlarne è opportuno e necessario per mettere a fuoco le cause, le origini di molte criticità che affliggono il territorio e per ragionare sulle vie di uscita migliori, a cominciare dal disegno di una governance, di una democrazia provinciale, di quella federazione delle comunità dolomitiche bellunesi che può trovare in un assetto autonomista l’incubatore e il catalizzatore delle buone idee per salvare le nostre vallate oggi in serio pericolo.

Con gli amici trentini e sudtirolesi si potrebbe riflettere insieme e mettere a fuoco via via il percorso di un simile progetto.
Se invece in Trentino Alto Adige continuerà a prevalere l’ostracismo istituzionale verso l’idea di una Regione Dolomiti (che peraltro piace invece a molti cittadini di tutte e tre le province), Belluno dovrà imboccare una strada diversa, capace com’è, in ogni caso, di stare in piedi sulle proprie gambe, contando sulla straordinaria vivacità delle collettività locali.

Si tratterà, a quel punto, di elaborare un percorso di affrancamento dalla subalternità al Veneto, di trovare una via di uscita verso un forte autogoverno che dovrà essere riconosciuto dal legislatore nazionale.
Sarà in ogni caso Roma, non Venezia, a dover finalmente riconoscere il diritto della comunità alpine non ancora autonome a dotarsi di uno status istituzionale differenziato.
Regione Dolomiti o Regione Bellunese che sia, è giunto il momento di mettere le carte in tavola e di spingere con maggior forza ognuno a assumersi le proprie responsabilità politiche.
Sapendo che ne va del destino di intere comunità di montagna, oggi in grave sofferenza.

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A proposito di ripristino dell’elettività della Provincia di Belluno (e delle altre interamente montane), ecco il comunicato diffuso pochi giorni fa dal Bard.

«Il ripristino dell’elettività per le province montane, del quale i rappresentanti leghisti veneti e lombardi hanno discusso nei giorni scorsi a Sondrio, sarebbe un grande risultato per Belluno: è quello che il nostro movimento chiede da anni, con il commissariamento prima e con la legge Delrio poi»: il movimento Belluno Autonoma Regione Dolomiti guarda con interesse alle dichiarazioni dell’assessore regionale Gianpaolo Bottacin, protagonista di un confronto proprio Sondrio sul ritorno delle province montane a ente elettivo con i deputati e colleghi di partito Angela Colmellere e Massimo Sertori (ex Presidente della Provincia di Sondrio) e con Elio Moretti, attuale Presidente della provincia lombarda.

«Il BARD è nato formalmente proprio 7 anni fa, il 12 gennaio 2012, e nello statuto al primo punto delle sue finalità ha messo il mantenimento “di un Ente, unitario, democraticamente eletto, in rappresentanza paritaria ed equa, delle comunità vallive bellunesi”. – ricordano dal direttivo – Era iniziato da pochi mesi il commissariamento dell’ente, e il giorno precedente la Regione Veneto aveva approvato il suo statuto, contenente la specificità della Provincia di Belluno: abbiamo sempre reputato fondamentale la rappresentanza democratica di quest’ente, anche nei periodi nei quali tutte le diverse forze politiche spingevano per la chiusura delle province».

«Abbiamo lottato in tutti i modi per ottenere il ripristino dell’elettività, anche sbagliando dando fiducia a chi ha poi dimostrato di non meritarla, come nel caso dell’accordo alle regionali 2015, quando noi mantenemmo gli accordi, a differenza di altri; – sottolineano dal Bard – lo abbiamo fatto in occasione del referendum costituzionale, che avrebbe definitivamente affossato questa speranza, e anche alle ultime elezioni politiche, quando la maggioranza dei candidati bellunesi ha sottoscritto la nostra richiesta di abrogazione della legge Delrio».

«Il ripristino dell’elettività – concludono dal movimento – sarebbe un primo passo verso una vera autonomia, ed il risarcimento dei gravi danni causati alla nostra terra dalle sciagurate politiche centraliste degli ultimi anni che hanno portato, secondo uno studio elaborato dalla CGIA di Mestre, ad effettuare tagli di risorse maggiori nel Bellunese rispetto al resto del paese. Ora aspettiamo dati e fatti concreti a favore di elettività ed autonomia: siamo il fanalino di coda per crescita economica, demografica e servizi rispetto alle confinanti terre alpine del Trentino, del Sud Tirolo e del Tirolo. Ogni passo concreto verso il ripristino della dignità della nostra terra avrà il nostro sostegno».

BARD – Movimento Belluno Autonoma Regione Dolomiti



“Alziamo la voce”, la canzone bellunese per aiutare la ricostruzione dopo il maltempo e le devastazioni“Alziamo la voce”, la canzone bellunese per aiutare la ricostruzione dopo il maltempo e le devastazioni

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[riceviamo dal Comune di Belluno e volentieri pubblichiamo]

È online da mercoledì 12 dicembre il brano “Alziamo la voce”, acquistabile dal sito www.bellunoalzalavoce.it e realizzato da oltre 50 giovani cantanti e musicisti bellunesi: il ricavato delle vendite e delle donazioni libere saranno destinate al Comitato Gocce di Sole Onlus, che a sua volta le devolverà al Comune di Belluno per la ricostruzione del Parco Fluviale di Lambioi.

La presentazione del brano si è svolta a Palazzo Rosso: «Quando ho visto quanto era successo nella nostra provincia, mi si è spezzato il cuore. Oggi mi si è riempito quando ho visto questo lavoro, sentita la canzone, ascoltato le parole e ammirato il lavoro dei ragazzi. È bellissimo vedere che c’è qualcuno che non aspetta seduto che siano “gli altri” a fare, a intervenire, ma si alza e si mette in gioco in prima persona, con quello che può fare e con le abilità che ha»; queste le prime parole dell’assessore Valentina Tomasi al termine dell’anteprima del videoclip del brano.

Un brano nato in pochissimi giorni, dall’idea di alcuni musicisti e con il supporto di cantanti, fotografi, videomaker e tante altre realtà: «Era la notte del 2 novembre, – ricorda Alessandro Casol, uno degli ideatori dell’iniziative – ero a Milano e continuavo a ricevere le foto del disastro in tutta la provincia; ho subito pensato a cosa potessi fare, la mia passione è la musica e ho scritto ad alcuni amici: il giorno dopo, eravamo in molti, qualcuno aveva già iniziato a lavorare, chi alla base, chi ai testi. In neanche 20 giorni, siamo passati dall’idea alla registrazione, coinvolgendo più di 50 giovani artisti bellunesi. È un messaggio d’amore verso chi è stato colpito, ma è anche un appello al nostro territorio perchè deve farsi sentire in questo momento di difficoltà».

Alessandro Casol, promotore di “Belluno alza la voce”

Il ricavato della vendita del brano sarà devoluto al Comitato Gocce di Sole Onlus: «Conosciamo molti di questi ragazzi, che hanno collaborato con noi per altri eventi di beneficenza. – spiega la presidente, Manuela Selvestrel – Quando abbiamo saputo di questa idea, ci siamo messi subito a disposizione: visto che il Parco Fluviale di Lambioi è stato un punto di ritrovo per i giovani, le famiglie, i bambini, ma anche teatro di eventi musicali, abbiamo deciso di impegnarci per ricostruirlo e poterlo riaprire alla città».

Alla premiere del video – inedito e “top secret” fino ad oggi, così come il brano – hanno assistito anche il Sindaco di Belluno, Jacopo Massaro, e il Presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin.
«La popolazione bellunese è abituata ad aiutare, in tutte le grande emergenze nazionali; oggi capiamo cosa significa aver bisogno e ricevere supporto, ed è una grande emozione. – commenta Massaro – Mi piace sottolineare come questa iniziativa sia nata da un gruppo di giovani: spesso vengono attaccati e criticati, ma quanto successo ha permesso di saldare le generazioni in nome della solidarietà».

Sul valore della solidarietà ha insistito anche il Presidente Padrin: «È un’iniziativa che fa riflettere, che crea unità e condivisione; si riceve una grande forza nel donare il proprio tempo a chi soffre. Questi ragazzi si sono impegnati moltissimo per questo brano e riceveranno dalla Provincia tutto il sostegno possibile per valorizzare il loro lavoro».

Roberto Padrin, presidente della Provincia di Belluno

Il brano è acquistabile solamente online dal sito www.bellunoalzalavoce.it , si potrà scaricare con una donazione con carta di credito di 2 euro o più; sempre dal sito, sarà possibile anche fare una donazione libera via bonifico al Comitato Gocce di Sole, che però per ora non dà diritto al download della canzone. Nelle prossime settimane, la canzone sarà acquistabile anche su Amazon e Itunes.
Il videoclip del brano è già caricato su YouTube.

Dagli artisti è partito anche un appello: «Abbiamo già ricevuto molte richieste di poterlo avere su supporto fisico. – spiega Casol – Per stampare su cd 1000 copie, sono necessari 700 euro; stiamo cercando degli sponsor che ci possano sostenere nell’investimento».

Valentina Tomasi, assessore comunale a Belluno
Manuela Selvestrel, presidente del comitato Gocce di Sole

IL COMUNICATO DEGLI ARTISTI

BELLUNO ALZA LA VOCE CON UN BRANO E UNA RACCOLTA FONDIÈ ONLINE IL BRANO DOVE CIRCA 50 CANTANTI E MUSICISTI BELLUNESI RACCONTANO LAVOGLIA DI RICOSTRUIRE E RIPARTIRE DEL TERRITORIO DOPO IL MALTEMPO CHE HADURAMENTE COLPITO LA PROVINCIA LO SCORSO OTTOBRE.

Da oggi sul sito bellunoalzalavoce.it è disponibile il brano “Alziamo la voce”, realizzato dauna cinquantina di musicisti e cantanti, ed è attiva la raccolta fondi a favore del territoriobellunese.

L’ondata di maltempo che ha messo in ginocchio il belluneseL’ondata di maltempo che lo scorso ottobre ha colpito diverse zone d’Italia ha messo a duraprova anche il territorio bellunese: tre vittime, alberi sradicati, strade e case distrutte, fiumi etorrenti esondati, zone alluvionate, interi paesi senza luce né acqua per giorni.I danni, stimati per decine di milioni di euro, provocati dalle piogge incessanti e dal vento,sono stati ingenti in tutta la provincia che ha però subito reagito con forza attivandosi per la ricostruzione.

Chitarre, parole, amore, conforto e speranza: la voglia di un gruppo di giovani diripartireNato da un’idea di Alessandro Casol, Davide De Faveri e Andrea Albano, subito accolta datanti amici cantanti, musicisti e professionisti, il brano “Alziamo la voce” vuole ​ raccontarel’animo forte e tenace dei bellunesi che, in poco tempo e senza grandi proclami, hannosaputo ripristinare molti dei danni causati dal maltempo, e vuole dare un aiuto concreto alterritorio grazie a una raccolta fondi per la ricostruzione.

“È importante rialzare la testa e comunicare al mondo che siamo ancora qui. Crediamofermamente che quanta è la quantità di fango riversatasi sulle nostre case, tanta è laquantità di fango che opprime le menti e i cuori di tutti noi, e che spinge per uscire.E per questo tipo di fango non c’è pala che tenga, ma amore, conforto e speranza e noi,artisti della provincia di Belluno, ci sentiamo in dovere di fare la nostra parte.”

Una cinquantina di cantanti e musicisti uniti danno voce al territorio feritoSono una cinquantina i cantanti e i musicisti che hanno voluto regalare la loro voce alterritorio ferito.Stili, background ed esperienze differenti uniti per l’obiettivo comune, per realizzare unbrano che racconta la fatica e le emozioni vissute dalla popolazione in quei giorni difficili, maanche la forza e la tenacia della ricostruzione.
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TUTTI I PROTAGONISTI

TESTI
Davide De Faveri, Marco Dal Farra, Andrea Mole Riva, Raffaele Azzolini, INCULTO (Giovanni
Lotto)
MUSICA
Davide De Faveri, Andrea Albano, Paolo Fornasier, Alessandro Casol
REGISTRAZIONI e MIXAGGIO
Giampaolo Rossi de Il Terzo Mondo Recording Studio
MASTER
Marcello Batelli
ARTISTI
Francesco Bressan, Damiano Grando, Yuri Piccolotto, Fabio Reolon, Jesai Fiabane, Paolo
Molaschi, Mosè Andrich, Nicola Menel, Andrea Albano, Paolo Fornasier, Alessandro Casol,
Alex Martello, Jessica Da Re, Diego Lavina, Matteo Squaiera, Davide De Bona, Selena Peroly,
Renato Pagno Pagnussat, Nicola Bortot, Jessica Lena, Nicola Corso, Mattia Andrich, Michele
De Bona, Davide Nenci, Marco De Paoli, Maria Donadel, Marco Dal Farra, Davide Antonietti ,
Layla Antonietti, Valeriano De Zordo, Simone Inguanta, Marco De Pellegrin, Andrea Mole
Riva, Raffaele Azzolini, Giovanni Lotto, Martino Fregona, Davide De Faveri, Letizia Donadel,
Francesco Donadel, Coro MusiCol di Colle Santa Lucia.
GRAZIE A
Comitato Gocce di Sole Onlus, Associazione Amici della Musica di Ponte nelle Alpi, Romano
De Carlo di Artesound Tube Amp, Belluno Ciack, Rosso Teatro, Matteo Crema, Roberto De
Pellegrin, Nicola De Gol, Damiano Dall’Ó, Francesco Roldo, Daniele De Cian, Valentina
Gregato, Dario De Leonardis, Alberto De Nart.
CON IL PATROCINIO DI
Provincia di Belluno, Comune di Belluno


bellunoalzalavoce.itinfo@bellunoalzalavoce.it

Gli alberi abbattuti dal vento e il futuro dei boschi: ripartire con calma nel segno della biodiversità senza ripetere gli errori del passatoGli alberi abbattuti dal vento e il futuro dei boschi: ripartire con calma nel segno della biodiversità senza ripetere gli errori del passato



[riceviamo e volentieri pubblichiamo]

La tavola rotonda sul tema “Dopo le devastazioni, quale futuro dei nostri boschi” tenuta venerdì 7 dicembre a Pieve di Cadore dalle Associazioni firmatarie ha offerto vari spunti per la discussione che, da qui in futuro, si andrà sicuramente sviluppando.

Possiamo così riassumere le prime valutazioni cui sono giunti i relatori Michele Da Pozzo, Luigi Casanova e Cesare Lasen.

 –Di fronte a una bufera di carattere eccezionale con venti anche a200km/h neanche il bosco più “naturale” può resistere, ma è anche vero che le modalità di cura dell’uomo hanno in molti casi reso assai più vulnerabili i nostri boschi. Per motivazioni esclusivamente economiche si è incoraggiato in maniera assolutamente esagerata l’abete rosso, dalle radici superficiali, a scapito di altre specie, si sono così “costruiti” boschi monospecifici e con scarsa biodiversità, radi, con piante tutte della stessa età e conformazione, e pertanto fragili, non in grado di opporsi alla violenza del vento,che così trova facilmente varchi in cui insinuarsi .

–Quel che è successo deve essere occasione di serio ripensamento ed orientare per il futuro le scelte dei forestali, sempre più verso la selvicoltura naturalistica che tiene conto ed asseconda il naturale sviluppo del bosco senza eccessive forzature.

– No quindi a piantagioni generalizzate, ma sì anche alla naturale propagazione dei semi che la natura stessa sceglie meglio, forse, di quanto sappiamo fare noi.

– Dopo i tagli e dopo l’asporto dei tronchi abbattuti, vanno riposizionate le ceppaie rimaste rovesciate con tutta la zolla, al fine di creare dei punti di resistenza a frane e valanghe su versanti rimasti pericolosamente deserti.

–No soprattutto al recupero ad ogni costo dei tronchi: è assodato che incerte zone a rischio anche i tronchi caduti svolgono un’efficace azione di protezione contro frane e valanghe. Inoltre il recupero in versanti esposti, o comunque impervi, costringerebbe ad un gran numero di nuove opere, come piste e strade forestali e teleferiche, che oltre al costo, potrebbero di per sé contribuire negativamente alla stabilità dei versanti.

–Non affidarsi alla fretta e comunque all’emotività: gli alberi non sono “pericolosi”, non sono i nostri nemici, anzi, sono i nostri migliori alleati nella lotta contro i mutamenti climatici in quanto divorano CO2 e la immagazzinano sotto forma di legno. Questi eventi catastrofici hanno definitivamente dimostrato l’infondatezza del luogo comune degli ultimi anni per cui il “bosco che avanza” veniva ritenuto un danno.

–Conseguentemente e logicamente ci si aspetta che tutti i tagli già programmati vengano sospesi per un congruo numero di anni e che vadano rivisti, zona per zona, tutti i piani economici

–Alcuni interventi dal pubblico hanno evidenziato il pericolo di un più che discutibile proliferare di centrali a biomasse per il riscaldamento. Se il contrasto ai cambiamenti climatici diventerà uno degli impegni più urgenti dei governi su tutto il pianeta, bruciare grandi quantità di legno, con liberazione di CO2, polveri sottili e calore, sarebbe un’inaccettabile contraddizione. Finita la devastazione dei torrenti con le centraline idroelettriche, comincerà l’assalto ai contributi per le centrali a biomassa? Bruciare legna non è sempre una scelta ecologica.

–Cerchiamo di considerare quel che è successo anche come una opportunità: reinvestire e ritornare a lavorare il territorio in modo sciente e cosciente: non lasciamo i nostri boschi in mano ai boscaioli macedoni o ai mercanti austriaci!

Le Associazioni avvertono la necessità di una decisa azione di informazione e formazione diffuse, anche per capitalizzare le conoscenze che si stanno diffondendo sulla corretta gestione dei boschi. E quindi dopo questo primo incontro, dal quale uscirà uncontributo anche pratico alle scelte che Sindaci, Enti, Regole e Privati sono chiamati a fare, hanno in programma di affrontare alle radici le problematiche dei mutamenti climatici cercando di rispondere alle domande “Perché si è prodotto tutto questo? E “Siamo ancora in tempo a rimediare?” Interrogativi che saranno oggetto dei successivi incontri in programmazione nei primi mesi del prossimo anno.

13 dicembre 2018

Associazioni:

CIPRA Italia 						 
WWF O.A. Terre del Piave
Mountain Wilderness
Comitato Peraltrestrade Carnia-Cadore
LIBERA Nomi e Numeri contro le mafie Italia Nostra sezione di Belluno Ecoistituto Veneto “Alex Langer”
Gruppo Promotore Parco del Cadore


L’uragano sulle Dolomiti: il racconto di Franco Del Moro. La natura, la montagna, il rispetto, la paura e la distanza salottiera delle metropoliL’uragano sulle Dolomiti: il racconto di Franco Del Moro. La natura, la montagna, il rispetto, la paura e la distanza salottiera delle metropoli



Franco Del Moro, musicista, scrittore e editore (di libri e della storica rivista letteraria Ellin Selae) ha raccontato ai microfoni dell’emittente agordina Radiopiù ciò che ha vissuto nei giorni dell’uragano, dentro casa, a Rivamonte. Del Moro, che vive da circa un anno in provincia di Belluno, ci dona una riflessione vera e cruda di che cosa significa vivere in montagna e fare un’esperienza diretta con la forza della natura che si ribella.

Una riflessione sul nostro ruolo di esseri umani dentro la natura. Una riflessione sull’illusione di poter affidare le nostre vite alla tecnologia: più un bel giorno un vento a 200 all’ora spazza via tutto, tralicci elettrici compresi, e ci ritroviamo al lume di candela, senza collegamenti né virtuali né reali, con il solo calore delle stufe a legna (se ne possediamo almeno una).

Ma nelle remote metropoli in cui si decidono anche i destini delle comunità di montagna la drammaticità di tutto ciò è quasi sempre totalmente incompresa, se non addirittura declinata in forme neoromantiche che gridano vendetta… al cielo.
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Migranti: il decreto Salvini colpisce l’accoglienza intelligente e provocherà problemi nei comuniMigranti: il decreto Salvini colpisce l’accoglienza intelligente e provocherà problemi nei comuni



Il decreto (in)sicurezza per il cambiamento. Perché c’è chi sull’insicurezza “percepita” costruisce facilmente patrimoni politici.
Sul tema immigrazione (impropriamente assimilata dal governo alla questione criminalità) smantellare il sistema di accoglienza e di integrazione sociale diffusa nei comuni (noto con l’acronimo Sprar) per sostituirlo con i casermoni detentivi significherà innescare tensioni di ogni tipo, creare problemi invece di risolverli, gettare persone fragili verso condizioni formali di irregolarità che ostacoleranno l’interazione sociale positiva.
(altro…)

Maltempo sulle Dolomiti, le devastazioni e la ricostruzione: intervista con Diego CasonMaltempo sulle Dolomiti, le devastazioni e la ricostruzione: intervista con Diego Cason



Le devastazioni del maltempo e la ricostruzione sono il tema di Voci dalle Dolomiti trasmesso il 6 novembre 2018 a Radio Cooperativa. Ascolteremo l’analisi di Diego Cason, sociologo e attivista del movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti.
Al centro della conversazione un esame dei gravi danni, le modalità per un rapido ritorno alla normalità, la necessità di un coordinamento con le province vicine e l’esigenza sempre più evidente di uno status istituzionale differenziato per la montagna bellunese, per elaborare e finanziare politiche adeguate alle criticità di un territorio fragile, complesso e sempre più a rischio spopolamento.

Piogge e vento anche oltre i 200 Km/h hanno colpito buona parte del Bellunese, ma anche vaste zone del Trentino, del Sudtirolo e delle aree montane del Friuli e del Vicentino: foreste abbattute, case scoperchiate, locali allagati dal fango, strade distrutte da frane e esondazioni, acquedotti danneggiati, abbattute dal vento intere linee elettriche di cui da anni si chiede l’interramento.

Ma anche la tragedia di migliaia di animali selvatici morti nelle foreste devastate, come sottolinea Mountain Wilderness, chiedendo la chiusura della caccia in tutte le province colpite.

Mountain Wilderness: il maltempo sulle Dolomiti ha ucciso migliaia di animali selvatici, la caccia va chiusa subitoMountain Wilderness: il maltempo sulle Dolomiti ha ucciso migliaia di animali selvatici, la caccia va chiusa subito



Mountain Wilderness, come altre associazioni che si battono contro gli attacchi al mondo naturale, chiede che la chiusura della caccia venga subito inserita fra le misure dopo le devastazioni causate dal maltempo sulle Dolomiti.

Ecco il comunicato diffuso nel proprio sito Web dall’organizzazione che si batte in difesa della montagna.

La frustata di vento subita da tutte le aree boscate delle Dolomiti è stata impressionante. Una prima valutazione porta a una schiantata diffusa che si aggira sui 5 milioni di metri cubi di legname. Sono state abbattute foreste mature ma anche boschi giovani, ancora perticaie. Migliaia di ettari di superfici impervie sono devastate. Si impiegheranno decenni per recuperare queste enormi aree, per vederle ancora coperte di vegetazione varia. Decenni di impegno dei servizi forestali, dei proprietari pubblici e privati dei boschi sono stati cancellati in poche ore.
Una foresta distrutta non significa solo piante. La foresta è come una città, è un insieme di vite e significati che l’uomo ancora non è riuscito a comprendere nella sua complessità. In queste enormi distese sono rimasti uccisi decine di migliaia di animali selvatici, non solo i grandi ungulati (cervi, caprioli, daini), ma anche altra pregiata fauna selvatica.
Mountain Wilderness Italia lancia un appello alle amministrazioni regionali delle Dolomiti, a quelle delle province autonome, perché venga chiusa da subito la stagione venatoria. E’ inconcepibile in una situazione naturalistica tanto devastata permettere lo svolgimento della caccia.

Quanto è sopravvissuto della fauna selvatica, probabilmente pochi esemplari di animali per area, va lasciato recuperare, tutto il mondo animale deve prepararsi a affrontare un duro inverno, dovrà riadattarsi a un territorio sconvolto e irriconoscibile, anche impercorribile.
Il prossimo anno andranno ripresi i censimenti, seri, attuati certo dai volontari, ma anche con l’apporto diffuso delle autorità preposte alla vigilanza: carabinieri – forestali, agenti venatori, polizia locale di vigilanza boschiva. Solo sulla base di censimenti gestiti e controllati dall’ente pubblico si potrà poi valutare se vi saranno o meno le condizioni per riaprire l’attività venatoria a qualche specie faunistica.
Al momento un minimo di rispetto deve portare tutte le sensibilità culturali e politiche dei territori delle Dolomiti a sostenere l’immediata e definitiva chiusura della caccia per la stagione 2018″.

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Il maltempo devastante e la montagna diseredata (anche dai Tg)Il maltempo devastante e la montagna diseredata (anche dai Tg)



Stando a numerosi Tg nazionali trasmessi fra ieri e oggi, sono l’acqua alta a San Marco e gli yacht di Rapallo le immagini simbolo della catastrofe meteo abbattutasi tragicamente su alcune zone d’Italia.
L’impressione è che si fatichi veramente a mettere a fuoco l’idea che a finire veramente in ginocchio (tanto per cambiare) sono le zone di montagna, già largamente abbandonate dalle politiche nazionali (a eccezione di alcune aree con status autonomo e peraltro sempre più nel mirino del neocentralismo che avanza).
È deprimente che i Tg non si concentrino sul filo conduttore drammatico che unisce i territori alpini (per esempio il Bellunese e il Trentino, entrambi devastati da 48 ore in balìa dell’acqua e del vento), che l’informazione non offra all’opinione pubblica un quadro esauriente e unitario di un’emergenza da ricondurre alla più vasta questione montagna.
D’altra parte ricordo pochi anni fa, mentre si preparava la deleteria legge per semidistruggere le Province ordinarie, un ministro che accoglieva come ineluttabile e probabilmente auspicabile lo spopolamento dei paesini di montagna, così scomodi per chi ci vive e per chi deve assicurare loro un minimo vitale di servizi.
In questo Paese (e in Europa pure, salvo poche eccezioni fisiologiche tipo Svizzera e Austria) continua a mancare un discorso serio sullo stato e sulla sofferenza della montagna, sulla necessità di costruire fra l’altro sistemi istituzionali differenziati che consentano agli abitanti decisioni politiche e relativi finanziamenti per assicurare una vita dignitosa fra rocce aspre e strade a rischio.
Reputo, al contrario, altamente probabile che forze politiche di governo possano riproporci discorsi insensati come l’abolizione delle province (fondamentale snodo della democrazia territoriale, già colpito da una riforma folle) e la riduzione sic et simpliciter dei parlamentari (quindi della rappresentanza, naturalmente penalizzando le aree periferiche e meno popolose). La riduzione del numero di deputati e senatori potrebbe avere un senso, certo, ma solo nel quadro di una riforma federale che assicuri il massimo di autogoverno locale e un’articolazione reticolare delle istituzioni che, parallelamente al dimagrimento parlamentare, trasferisca poteri reali da Roma alle periferie.
Forse per vedere un barlume di una simile profondità di pensiero ci vorrebbe per i numerosi eletti metropolitani di governo e di opposizione un annetto di soggiorno montano nei paesi in quota, fra torrenti in piena, vento che soffia, alberi che cadono e viveri che scarseggiano, magari al freddo fra un blackout e l’altro e con le strade interrotte da frane e alluvioni.
Forse.

Franceschini e “Accadueò”: in un romanzo la lotta contro l’ipersfruttamento idroelettrico dei torrentiFranceschini e “Accadueò”: in un romanzo la lotta contro l’ipersfruttamento idroelettrico dei torrenti



Ecco il podcast di Voci dalle Dolomiti andata in onda ieri, martedì 23 ottobre 2018, in Fm e in streaming a Radio Cooperativa.
In programma la presentazione del libro di Ezio Franceschini, “Accadueò” (LFA Publisher editore), svoltasi nell’ambito del festival Oltre le vette, a Belluno.
Grazie alla collaborazione fra il nostro programma e il festival bellunese, proponiamo la registrazione dell’incontro, cui hanno partecipato l’autore del libro, la giornalista Michela Canova e il curatore di Oltre le vette, Flavio Faoro.

Il romanzo – si legge nella nota dell’editore – racconta attraverso la vicenda di un oscuro collaboratore di un quotidiano locale la battaglia contro lo sfruttamento dell’acqua a uso idroelettrico sui torrenti di una montagna veneta dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.
In questo contesto, riferito agli anni della recente crisi economica, si innesta lo stato di una montagna spezzata in due dopo la seconda guerra mondiale (una povera e l’altra ricca) e dove sembra riaffiorare la questione altoatesina attraverso un personaggio di madre tedesca e padre italiano che nel 1961 ha partecipato alla “Notte dei fuochi” e ora, già anziano, organizza sabotaggi alle centraline idroelettriche che devastano l’habitat naturale, ma che per le società di sfruttamento rappresentano un business appetibile per via degli incentivi destinati alle energie rinnovabili. Una devastazione a cui si oppongono anche i “custodi dell’acqua”, un movimento antagonista che della difesa delle acque libere ha fatto la sua bandiera.

Ezio Franceschini, veneziano, dal 2001 vive e lavora a Belluno dove svolge attività di giornalista e organizzatore e curatore di eventi letterari e culturali per enti e associazioni. Collabora con quotidiani e riviste di settore, biblioteche e istituti di ricerca e scolastici. Nel 2015 ha vinto il secondo premio al Festival Letterario Città di Arcore con il romanzo “La botte di Hemingway”.

Sempre grazie a Oltre le vette, nelle settimane scorse abbiamo trasmesso la registrazione di un altro incontro incentrato su un libro che affronta la questione dell’acqua in montagna e dello sfruttamento idroelettrico: “Radici liquide”, un viaggio-inchiesta a cura di Elisa Cozzarini.

Dal Mediterraneo alle Dolomiti, passando per Riace. La montagna si spopola ma sa accogliereDal Mediterraneo alle Dolomiti, passando per Riace. La montagna si spopola ma sa accogliere



Il podcast di Voci dalle Dolomiti andata in onda ieri a Radio Cooperativa. Nel programma viene presentata l’iniziativa Dal Mediterraneo alle Dolomiti, passando per Riace“, in programma venerdì e sabato (19 e 20 ottobre), a Belluno, alla Casa Dei Beni Comuni. Seguirà la seconda parte dell’incontro, svoltosi a Ferrara, dedicato alla figura del pensatore, attivista e politico ecologista Alex Langer cui ha partecipato, fra gli altri, l’esponente dei verdi e già senatore Marco Boato, amico dell’europarlamentare sudtirolese scomparso nel 1995.


Ecco il comunicato di presentazione dell’iniziativa SPOP 2: Dal Mediterraneo alle Dolomiti. Passando per Riace organizzata da Casa Dei Beni Comuni e Mediterranea Saving Humans.

Due giorni di dibattito e comunità intorno al tema delle migrazioni e dello spopolamento.
All’inizio di quest’anno identificammo nella lotta allo spopolamento una delle urgenze, utile a comprendere e necessaria per cambiare questo territorio. La crudezza dei dati demografici della provincia bellunese- che nel frattempo non sono cambiati- restituiva una realtà assai difficile; erano necessarie battaglie comuni in grado di determinare scelte politiche rapide.
Consapevoli di aver a che fare con una classe politica abituata a ragionare a corto raggio, avevamo dato avvio a un percorso di riflessione (SPOP!, era il 17 marzo) e di pratiche di lotta condivise, per offrire una risposta inclusiva ai molti motivi per cui dal bellunese (specie dalle terre alte) è preferibile andarsene. Lo avevamo fatto con voci che portavano punti di vista differenti, dalla valorizzazione del territorio alla gestione virtuosa dell’accoglienza.
Uno dei nodi era chiaramente la questione dell’immigrazione e della sua gestione (spesso esemplare, in questo territorio). Sembrano passati, da allora, dei secoli. Viviamo nei giorni bui dello stop al modello Riace con gli arresti domiciliari del sindaco Mimmo Lucano e, soprattutto, dell’orribile decreto Sicurezza, a firma Salvini.
Sostenevamo, alla fine di quel percorso, che in aree dove la popolazione attiva cala drasticamente, ogni politica che scoraggi o blocchi l’arrivo di nuovi abitanti sul territorio è nemica della montagna.
Oggi, le misure del Decreto Sicurezza smantellano completamente tutti gli aspetti più funzionali del sistema dell’accoglienza, peraltro cancellando progettualità lavorative e posti di lavoro.
Il decreto prevede l’abrogazione del riconoscimento del permesso umanitario, l’allargamento delle possibilità di detenzione nei CPR anche per i richiedenti asilo, il prolungamento dei tempi di trattenimento per gli irregolari da 90 a 190 giorni, lo stravolgimento e l’attacco al sistema Sprar con il ritorno alla logica fallimentare dei “grandi centri”, la limitazione del diritto di difesa con l’eliminazione del gratuito patrocinio.
E’ su tali premesse che abbiamo pensato di organizzare un altro contributo dal basso, il primo passo di un percorso a partire dal tema dell’accoglienza negata, e della morte dei territori, al tempo del Decreto Salvini.
Si chiama SPOP 2: Dal Mediterraneo alle Dolomiti. Passando per Riace, ed è il nostro modo di fare il punto sulla situazione e di sostenere il progetto di Mediterranea. Saving Humans, la nave italiana partita dalle nostre coste per raggiungere il Mare Mediterraneo e svolgere un’attività di monitoraggio, testimonianza e denuncia, nonché di salvataggio.
Venerdì 19 ottobre, presso la Casa Dei Beni Comuni, alle ore 20.30 vi invitiamo pertanto a discutere di immigrazione e Decreto Sicurezza, della necessità della disobbedienza civile, tenendoci insieme anche lo spopolamento e una provincia che muore poco a poco.
Argomento del dibattito sono le conseguenze del Decreto Sicurezza sulla vita dei territori, nella sua dichiarazione di guerra ai migranti ma anche di guerra al dissenso e alle lotte, comprese quelle contro la povertà- al di là dei mirabolanti proclami del vicepremier.
Citando esempi che hanno funzionato, tenendo ben presente l’attacco a Mimmo Lucano e al modello Riace ne parleremo con:
Alessandra Buzzo, sindaca di Santo Stefano di Cadore;
Ousmane Aboubacar Malam Sidi, mediatore culturale nella cooperativa Cadore s.c.s.;
Vittoria Scarpa, coordinatrice del progetto CAS della cooperativa Caracol (VE);

Sabato 20 ottobre (alle 20.30) dedichiamo poi la nostra cena sociale a Mediterranea Saving Humans.
Saranno presenti alcuni degli attivisti del progetto, che ce ne racconteranno la genesi; verranno raccolti fondi e risorse per sostenerlo.
Mediterranea è una piattaforma di realtà della società civile ma anche una “azione non governativa” portata avanti dal lavoro congiunto di organizzazioni di natura eterogenea e di singole persone, aperta a tutte le voci che da mondi differenti, laici e religiosi, sociali e culturali, sindacali e politici, sentono il bisogno di condividere gli stessi obiettivi di questo progetto.
Come invita a fare l’appello di Melting Pot: “È il momento di agire, di coprire le urla e gli slogan razzisti, di difendere i diritti acquisiti e rivendicarne di nuovi”. Per tutti. Anche questa è lotta allo spopolamento.

“Radici liquide”: Elisa Cozzarini racconta l’assalto idrolettrico ai corsi d’acqua in montagna“Radici liquide”: Elisa Cozzarini racconta l’assalto idrolettrico ai corsi d’acqua in montagna



Ecco il podcast di Voci dalle Dolomiti andata in onda oggi alle 17.30, in Fm e in streaming a Radio Cooperativa, dedicata al festival bellunese “Oltre le vette” e in particolare alla crisi dell’acqua in montagna. Grazie a una collaborazione con gli organizzatori di “Oltre le vette” (che prosegue fino a domenica 14 ottobre, a Belluno), proponiamo agli ascoltatori la presentazione del libro “Radici liquide. Un viaggio-inchiesta lungo gli ultimi torrenti alpini”, scritto da Elisa Cozzarini. L’incontro si è svolto sabato scorso, con un dialogo fra l’autrice e Flavio Faoro, curatore della rassegna. (altro…)