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Mattarella nel Bellunese: appello al presidente sull’urgenza dell’autonomia provinciale e sull’ostracismo centralista della RegioneMattarella nel Bellunese: appello al presidente sull’urgenza dell’autonomia provinciale e sull’ostracismo centralista della Regione



Oggi il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è in visita ufficiale nel Bellunese. Prima a Longarone per rendere omaggio alle quasi duemila vittime del disastro del Vajont (9 ottobre 1963), poi per fare il punto di persona sui danni e sulla ricostruzione dopo la tempesta Vaia, infine per un incontro con la comunità bellunese, al teatro Comunale del capoluogo.

Ci sarà anche l’occasione di ricordare al presidente una serie di gravi criticità socioeconomiche e i relativi correttivi istituzionali e politici richiesti dal territorio (vallate dolomitiche che si spopolano rapidamente, carenza di strumenti adeguati di governo locale, urgenza del riconoscimento a questa provincia alpina in difficoltà di uno status di autonomia provinciale a prescindere dai destini dell’autonomia richiesta dalla Regione Veneto).
Sergio Mattarella, dunque, potrà ascoltare e leggere le analisi e le proposte politiche bellunesi, malgrado la Regione Veneto abbia dimostrato anche in questa occasione il suo ben noto centralismo, con il presidente Luca Zaia che ha accentrato su di sé pure la “regia” della visita presidenziale a Belluno, dopo essersi fatto nominare nell’autunno scorso commissario straordinario per la ricostruzione dopo l’ondata di maltempo di fine ottobre 2018. Diversamente, le vicine Province autonome di Trento e Bolzano provvedono direttamente a progettare gli interventi nei rispettivi territori.

D’altra parte, l’ostracismo veneziano nei riguardi dell’autonomia bellunese è conclamato e arriva finanche a disattendere le norme che la Regione stessa si è data negli ultimi anni (nuovo Statuto e relativa legge attuativa del trasferimento di numerose competenze alla Provincia di Belluno). Da anni Venezia mena il can per l’aia per perdere tempo, spesso con un insopportabile tono paternalista nei riguardi delle comunità dolomitiche bellunesi.

L’impressione forte, in realtà, è che la Regione di pianura e di mare voglia semplicemente mantenere il controllo sulla sua “dependance” alpina e non abbia alcuna intenzione di vederla protagonista di un percorso di autonomia e magari di rinascimento. Meglio se i montanari continuano a dipendere dal potere lagunare e dalla sua demagogia, se continuano a pietire allo Zaia di turno interventi spot per salvare il salvabile.
Ma è di tutta evidenza che così non si potrà andare avanti a lungo. Se a Roma ci fosse un legislatore lungimirante prenderebbe atto dell’esigenza indifferibile di assicurare uno status istituzionale differenziato (maggiori poteri e risorse locali) ai territori difficili di montagna come quello bellunese.

Se invece si continuerà a tirare la corda, lasciando la scena allo Zaia di turno (subordinando ancora le esigenze delle terre alte a quelle delle pianure metropolitane), quella corda potrebbe anche rompersi.

Ecco, in proposito, qui di seguito, la lettera aperta con cui il movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti rivolge un appello al presidente Mattarella per ricordargli che le nostre comunità meritano finalmente risposte serie.


Illustrissimo Presidente Mattarella, 

Le scriviamo questa lettera aperta nell’impossibilità di incontrarla direttamente durante la sua visita nella nostra Provincia.
 

Sinceramente, avremmo preferito, dopo sedici anni dall’ultima visita di un Presidente della Repubblica a Belluno, che ci fosse un momento di maggiore condivisione popolare, invece di un incontro in un teatro a numero chiuso.
 

A questo proposito, Lei di certo saprà che la nostra provincia è una delle più sicure d’Italia e noi bellunesi siamo gente disciplinata e lavoratrice, abituata a sopportare con pazienza le avversità di un ambiente magnifico, ma difficile.  

Negli ultimi anni, però, abbiamo però l’impressione che lo Stato italiano abbia abusato di questa pazienza, dimenticandosi del nostro contributo, in termini di lavoro, ingegno ed anche vite umane, alla crescita del nostro Paese.  

Siamo orgogliosi che Lei venga ad onorare i nostri morti e i nostri boschi distrutti, ma ci aspettiamo un riconoscimento di quanto lo Stato, di cui Lei oggi è Capo, in questi anni non ha fatto per il Bellunese.

Le ricordiamo la proroga del commissariamento della nostra Provincia per ben tre anni, dal 2011 al 2014, senza convocare, in spregio a tutte le leggi vigenti, elezioni democratiche, ed anche l’applicazione anche alla nostra Provincia della sciagurata legge n°56/2014, che ha consegnato il nostro Ente di riferimento, a causa degli sconsiderati tagli di bilancio e della riduzione del personale, nelle mani di una Regione che ci è matrigna, piuttosto che madre. La Regione Veneto riconosce nel suo Statuto la speciale situazione di provincia interamente montana, ma non lo ha mai applicato.

Le evidenziamo il mancato ripristino, dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, degli organi elettivi e delle risorse della nostra Provincia, come richiesto anche dal rapporto del Congresso delle Autonomie locali del Consiglio d’Europa del 26 settembre e del 17 ottobre 2017. (Protocollo CG33(2017)17AMDT).

Oltre a questo, non possiamo accettare i pesanti tagli al bilancio dei nostri Comuni che sono stati privati, pur essendo tutti montani e già sottofinanziati prima della crisi, delle risorse minime per provvedere ai bisogni dei loro cittadini. 

Ci aspetteremmo, inoltre, fatti concreti, oltre alle promesse mai mantenute da decenni dalla politica regionale e nazionale, di riconoscere l’autonomia e il diritto all’autogoverno delle popolazioni alpine della Provincia di Belluno, costrette, ogni giorno, a confrontarsi con l’efficienza e la disponibilità di mezzi e competenze delle confinanti Regioni e Province a statuto speciale. 

Vorremmo fosse riconosciuta, a nome dello Stato e del Parlamento, l’inadempienza verso gli otto comuni che hanno il diritto, sulla base di referendum ai sensi dell’art. 132 comma 2° della Costituzione, di passare ad una confinante Provincia a statuto speciale. Anche se non siamo affatto contenti che delle nostre comunità ci abbandonino, non possiamo negare loro il diritto alla sopravvivenza.  

Si sottolinea che le scelte del Parlamento e dei Governi della Repubblica  hanno privato le nostre comunità degli strumenti per contrastare l’emigrazione di migliaia di giovani e lo spopolamento delle nostre vallate, mentre continua l’indifferenza verso la nostra minoranza linguistica ladina e l’arrogante commiserazione con cui siamo sempre trattati.

Nessuno però si ricorda che meno di duecentomila bellunesi contribuiscono alla ricchezza di questa nazione con un P.I.L. di 5 miliardi e 700 milioni di Euro e con un residuo fiscale di quasi un miliardo. Ogni giorno, noi vediamo i nostri confinanti Trentini e Sud-Tirolesi andare avanti, mentre noi continuiamo a scivolare indietro.  

Le ricordiamo, inoltre, che, insieme al referendum promosso dalla Regione Veneto nel 2017, c’è stato un altro contestuale referendum, organizzato dalla Provincia di Belluno, con il quale si chiede, ai sensi dell’art.116 della Costituzione, maggiori risorse, competenze ed autonomia. È inaccettabile perdere ancora tempo di fronte alla richiesta di maggior efficienza nel governo del territorio di popolazioni che contribuiscono alla ricchezza e allo sviluppo di questo Paese. Se lo Stato riceve i nostri tributi deve lasciarci competere con le autonomie speciali ai nostri confini, in Europa e nel mondo.  

Stia pur certo, Signor Presidente, che i bellunesi continueranno ogni giorno a fare con dedizione il loro dovere, ma è ormai inaccettabile che lo Stato italiano non faccia il proprio, riconoscendo a questa terra democrazia, competenze e risorse per un efficiente autogoverno. 

Benvenuto nelle Dolomiti bellunesi, che sono un patrimonio dell’Umanità, non del Veneto. 

Belluno, 12 marzo 2019″

Autonomia bellunese, attenti a Venezia che rema contro. Il Bard: subito il ripristino delle elezioni per la ProvinciaAutonomia bellunese, attenti a Venezia che rema contro. Il Bard: subito il ripristino delle elezioni per la Provincia

Passo Valles, provincia di Belluno


La questione dell’autonomia della Provincia di Belluno si trascina da decenni, in un crescendo di impegno popolare che è passato anche attraverso numerosi referendum. Consultazioni che hanno riguardato la richiesta di molti comuni di trasferimento territoriale verso le vicine Province a statuto speciale di Trento o di Bolzano, nonché verso il Friuli autonomo (il caso di Sappada, unico referendum cui Roma ha dato seguito completando l’iter con il passaggio del paese alla provincia di Udine).
Ma i bellunesi sono stati chiamati a votare, nell’ottobre 2017, anche sul progetto di una propria autonomia provinciale e il voto ha registrato un’adesione pressoché generalizzata al disegno di autogoverno dolomitico.
Ai bellunesi, invece, qualche anno prima, la Corte di Cassazione aveva negato la possibilità di esprimersi sull’ipotesi di avviare un processo per trasferire la provincia dalla regione del Veneto al Trentino Alto Adige, come terzo polo autonomo di un ambito istituzionale interamente alpino.

Mentre a Belluno in molti si impegnavano alla ricerca di una strada percorribile per arrivare a un assetto istituzionale stabile e autonomo per questa terra di montagna a rischio spopolamento, a Roma e a Venezia si remava contro: con la legge, i fatti, i provvedimenti amministrativi, le disposizioni finanziarie.
Ciò che rimane, a oggi, sono le parole.
A volte nemmeno quelle, come quando il presidente leghista del Veneto, Luca Zaia, afferma – incurante di valicare i confini dell’arroganza istituzionale – che l’autonomia bellunese non può stare in piedi da sola ma ha bisogno della Regione che lui governo.
A questo ennesimo atto di alterigia dogale ha risposto per le rime il sociologo Bellunese Diego Cason, esponente del movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti (Bard) in questo video che riassume bene le ragioni delle comunità dolomitiche e mette a nudo l’ostracismo sostanziale e perdurante di Venezia e di Roma:

C’è un fastidioso odore di malcelato spirito neocoloniale negli atteggiamenti supponenti e gerarchici delle autorità regionali nei riguardi delle nostre comunità, utilizzate come riserva idrica, cartolina pubblicitaria, parco giochi, passerella mediatica o vetrina internazionale per lo splendore lagunare (vedi le Olimpiadi a Cortina/Milano, incomprensibile sodalizio alpino-metropolitano presentato con ostentata vanagloria, come se quel territorio dolomitico fosse veneziano più che bellunese, senza peraltro ricordare che l’Ampezzano ha votato da tempo per passare al Sudtirolo).

C’è un fastidioso odore di malcelato spirito neocoloniale nelle reiterate scuse accampate da Venezia per non dare corso a quella forma di autonomia che, per quanto ridotta e denominata un po’ penosamente “specificità”, è pur prevista formalmente da anni, sia dal nuovo Statuto regionale sia dalle successive norme applicative.

C’è un fastidioso odore di malcelato spirito neocoloniale quando di fronte a una calamità come l’ondata di maltempo che ha devastato il Bellunese alla fine di ottobre, il governo veneziano accentra su di sé la regia della ricostruzione anziché cogliere l’occasione per dimostrare nei fatti l’empatia verso il bisogno di autonomia di queste vallate.

Insomma, è il momento di farla finita con le meline, con il ricorso alle scuse più fantasiose, ai rimpalli di responsabilità fra Venezia e Roma, alle esibizioni in stile maiestatico di personaggi ancorati probabilmente a vecchie visioni nazionalistiche più che a moderni progetti federalisti.

In qualche modo la stessa rivendicazione autonomistica del Veneto si può inserire in un’ottica ancora ispirata da pulsioni micronazionali, verticistiche, piramidali. Venezia sovrana, depositaria del potere che – forse, un giorno, chissà – potrebbe in qualche misura delegare alla Provincia di Belluno. Però i bellunesi dovrebbero prima dimostrare di meritarsela, di esserne capaci, di saper “camminare con le proprie gambe”, per riprendere le graziose espressioni utilizzate dal presidente veneto. Secondo il quale v’è una certezza: quei tempi non sono maturi, i bellunesi devono attendere ancora.

Anzi, osiamo immaginare che quei tempi si riveleranno assai lontani.
Abbiamo ragione di presumere che pure le future politiche, anche di un Veneto “autonomo” darebbero solo marginalmente risposta alle esigenze delle comunità alpine bellunesi. Ciò, perché quanto più si manterrà distante il giorno della “maturità bellunese”, tanto più Venezia potrà continuare a esercitare con dissimulato spirito neocoloniale il suo controllo sul territorio dolomitico.

Per quanto sia augurabile, sarà assai difficile poter assistere a un’inversione di rotta dopo decenni di relazioni istituzionali e politiche improntate alla subalternità del Bellunese alle politiche decise da Venezia (e Roma) e pensate per contesti metropolitani o di pianura, non certo per la montagna.
Dunque, ben venga la rinnovata richiesta di ripristino dell’elettività del consiglio e del presidente della Provincia, rilanciata ora dal Bard.

Sarebbe già un primo passetto la restituzione ai cittadini un ente provinciale che torni almeno ad avere le prerogative antecedenti alla sciagurata riforma pensata dal ministro Delrio durante il governo Renzi.
Le Province sono un importante snodo della democrazia non è un caso se la loro esistenza (volgarmente maltrattata da recenti governi e legislatori) è sancita dalla Costituzione della Repubblica.

Le Provincia – se correttamente animate – ravvivano la rappresentanza dei cittadini, in un’epoca di crisi del rapporto eletti/elettori, e forti del loro radicamento rappresentano uno strumento essenziale per coordinare politiche coerenti di area vasta, cioè per unire e rafforzare i territori omogenei che cercano soluzioni per affrontare le sfide del presente e del futuro prossimo.
Aver devastato questo ente è stata una follia.
Ora poter ripartire a Belluno da questa rinnovata certezza istituzionale sarebbe fondamentale. Ma con la consapevolezza che una Provincia forte e aperta verso i vicini, specie i territori alpini limitrofi, dovrebbe poi affrontare con determinazione il nodo del rapporto con la Regione Veneto. Che ci fa un territorio alpino impropriamente inserito in una Regione di pianura e di mare attraversata da logiche fortemente metropolitane? Quale speranza di autonomia possono avere le nostre comunità alpine, con i loro 200 mila abitanti in una Regione che ne conta cinque milioni e che – federalista a parole – continua nella prassi a svelare pulsioni microcentraliste?

Un esercizio di ottimismo in questa cornice sarebbe mal riposto.
Sembra ineludibile, piuttosto, riaprire quel cassetto che otto anni fa fu chiuso, non senza polemiche, dalla Cassazione: là dentro giacciono le 19 mila firme e la delibera quasi unanime del consiglio provinciale di allora, per poter chiamare i cittadini a esprimere il loro parere sull’ipotesi di avviare un processo che trasferisca la provincia di Belluno in Trentino Alto Adige.
Ricominciare a parlarne è opportuno e necessario per mettere a fuoco le cause, le origini di molte criticità che affliggono il territorio e per ragionare sulle vie di uscita migliori, a cominciare dal disegno di una governance, di una democrazia provinciale, di quella federazione delle comunità dolomitiche bellunesi che può trovare in un assetto autonomista l’incubatore e il catalizzatore delle buone idee per salvare le nostre vallate oggi in serio pericolo.

Con gli amici trentini e sudtirolesi si potrebbe riflettere insieme e mettere a fuoco via via il percorso di un simile progetto.
Se invece in Trentino Alto Adige continuerà a prevalere l’ostracismo istituzionale verso l’idea di una Regione Dolomiti (che peraltro piace invece a molti cittadini di tutte e tre le province), Belluno dovrà imboccare una strada diversa, capace com’è, in ogni caso, di stare in piedi sulle proprie gambe, contando sulla straordinaria vivacità delle collettività locali.

Si tratterà, a quel punto, di elaborare un percorso di affrancamento dalla subalternità al Veneto, di trovare una via di uscita verso un forte autogoverno che dovrà essere riconosciuto dal legislatore nazionale.
Sarà in ogni caso Roma, non Venezia, a dover finalmente riconoscere il diritto della comunità alpine non ancora autonome a dotarsi di uno status istituzionale differenziato.
Regione Dolomiti o Regione Bellunese che sia, è giunto il momento di mettere le carte in tavola e di spingere con maggior forza ognuno a assumersi le proprie responsabilità politiche.
Sapendo che ne va del destino di intere comunità di montagna, oggi in grave sofferenza.

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A proposito di ripristino dell’elettività della Provincia di Belluno (e delle altre interamente montane), ecco il comunicato diffuso pochi giorni fa dal Bard.

«Il ripristino dell’elettività per le province montane, del quale i rappresentanti leghisti veneti e lombardi hanno discusso nei giorni scorsi a Sondrio, sarebbe un grande risultato per Belluno: è quello che il nostro movimento chiede da anni, con il commissariamento prima e con la legge Delrio poi»: il movimento Belluno Autonoma Regione Dolomiti guarda con interesse alle dichiarazioni dell’assessore regionale Gianpaolo Bottacin, protagonista di un confronto proprio Sondrio sul ritorno delle province montane a ente elettivo con i deputati e colleghi di partito Angela Colmellere e Massimo Sertori (ex Presidente della Provincia di Sondrio) e con Elio Moretti, attuale Presidente della provincia lombarda.

«Il BARD è nato formalmente proprio 7 anni fa, il 12 gennaio 2012, e nello statuto al primo punto delle sue finalità ha messo il mantenimento “di un Ente, unitario, democraticamente eletto, in rappresentanza paritaria ed equa, delle comunità vallive bellunesi”. – ricordano dal direttivo – Era iniziato da pochi mesi il commissariamento dell’ente, e il giorno precedente la Regione Veneto aveva approvato il suo statuto, contenente la specificità della Provincia di Belluno: abbiamo sempre reputato fondamentale la rappresentanza democratica di quest’ente, anche nei periodi nei quali tutte le diverse forze politiche spingevano per la chiusura delle province».

«Abbiamo lottato in tutti i modi per ottenere il ripristino dell’elettività, anche sbagliando dando fiducia a chi ha poi dimostrato di non meritarla, come nel caso dell’accordo alle regionali 2015, quando noi mantenemmo gli accordi, a differenza di altri; – sottolineano dal Bard – lo abbiamo fatto in occasione del referendum costituzionale, che avrebbe definitivamente affossato questa speranza, e anche alle ultime elezioni politiche, quando la maggioranza dei candidati bellunesi ha sottoscritto la nostra richiesta di abrogazione della legge Delrio».

«Il ripristino dell’elettività – concludono dal movimento – sarebbe un primo passo verso una vera autonomia, ed il risarcimento dei gravi danni causati alla nostra terra dalle sciagurate politiche centraliste degli ultimi anni che hanno portato, secondo uno studio elaborato dalla CGIA di Mestre, ad effettuare tagli di risorse maggiori nel Bellunese rispetto al resto del paese. Ora aspettiamo dati e fatti concreti a favore di elettività ed autonomia: siamo il fanalino di coda per crescita economica, demografica e servizi rispetto alle confinanti terre alpine del Trentino, del Sud Tirolo e del Tirolo. Ogni passo concreto verso il ripristino della dignità della nostra terra avrà il nostro sostegno».

BARD – Movimento Belluno Autonoma Regione Dolomiti



Autonomia e Provincia a Belluno dopo il referendum costituzionale: parla il giurista Daniele TrabuccoAutonomia e Provincia a Belluno dopo il referendum costituzionale: parla il giurista Daniele Trabucco



Ecco il podcast di Voci dalle Dolomiti andato in onda il 13 dicembre a Radio Cooperativa: il costituzionalista Daniele Trabucco analizza in un’intervista lo scenario dopo il successo del no nel referendum costituzionale.

Si farà riferimento in particolare alla conferma delle Province e alla possibile evoluzione istituzionale per Belluno, che continua a lottare per ottenere uno status differenziato di autogoverno

Seggio a Venezia, ricorso del BardSeggio a Venezia, ricorso del Bard



Dopo il pasticcio regionale sull’attribuzione dei seggi alle elezioni, il movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti ha presentato ricorso per contestare l’esclusione della sua candidata Alessandra Buzzo, sindaco di Santo Stefano di Cadore, presente con altri due esponenti del Bard nella lista Veneto Civico e risultata eletta secondo la prima attribuzione effettuata dagli uffici dell’ente veneziano. Poi, però, anche in seguito ad alcuni ricorsi, fra i quali quello dell’ex consigliere Pd bellunese Sergio Reolon, i giudici hanno modificato le assegnazioni di una serie di seggi e Alessandra Buzzo è stata esclusa, a vantaggio dapprima di uno e successivamente di un altro candidato (il risultato è che allo stato attuale a rappresentare Belluno, che conta appena due consiglieri su 50, sono soltanto esponenti della Lega Nord la quale peraltro in provincia di Belluno ha racimolato, compresa la lista Zaia, solo il 34% dei voti).

Riceviamo e volentieri pubblichiamo, in proposito, il comunicato del movimento Bard.

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Resistenza e autonomia alpinaResistenza e autonomia alpina



“Voci dalle Dolomiti” andata in onda il 28 apriel 2015, in Fm, a Radio Cooperativa. In scaletta, un’altra pagina dedicata alla lotta di Liberazione: un’analisi, affidata a studiosi e a testimoni dell’epoca, del ruolo avuto dal clero durante l’occupazione nazista delle tre province dolomitiche di Bolzano, Belluno e Trento, che dopo l’8 settembre 1943 furono annesse nella nuova entità amministrativa denominata Zona di operazioni delle Prealpi, controllata dai vertici del nazismo tirolese e afferente al Terzo Reich. Fra le voci che si possono ascoltare, quelle degli storici Gerald Steinacher, austriaco, e Leopold Steurer, sudtirolese, della partigiana bellunese Ester Riposi e del deportato feltrino Gianni Faronato.

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Comunità libere, senza miti etniciComunità libere, senza miti etnici



“Voci dalle Dolomiti” andato in onda in Fm a Radio Cooperativa martedì 31 marzo 2015. Il programma è dedicato a una riflessione sui temi del federalismo, della rappresentanza democratica dei cittadini e dei territori, con uno sguardo particolare alla situazione nell’arco alpino orientale italiano, con l’evidente squilibrio fra aree dotate di istituzioni forti, a statuto speciale, e altre deboli e ora ulteriormente penalizzate dalla riforma delle Province ordinarie voluta dal governo Renzi.

Di questo e altro parliamo con l’antropologo trentino Stefano Fait, autore con il giornalista bolzanino Mauro Fattor dell’interessante saggio “Contro i miti etnici. Alla ricerca di un Alto Adige diverso, che mette in luce le serie criticità del modello di convivenza sudtirolese, sostanzialmente basato su un’idea di separazione dei gruppi etnici.

Un modello che, malgrado evidenti fallimenti sul piano della coesione sociale, viene sistematicamente additato da politici italiani, spesso statisti improvvisati al cospetto di gravi grisi geopolitiche internazionali. Ultimo della serie, il premier Matteo Renzi, a proposito del conflitto fra Russia e Ucraina.

Radio Cooperativa trasmette principalmente sui 92.7 Mhz, fra le altre frequenze, quelle attive in Valbelluna: 97.2 e 98.75 Mhz. È un’emittente non profit che ha bisogno del sostegno di tutti!

Agricoltura, le Alpi chiamano la UeAgricoltura, le Alpi chiamano la Ue



Puntata di Voci dalle Dolomiti andata in onda a Radio Cooperativa martedì 24 marzo 2015. In programma una conversazione con la giornalista di Feltre Francesca Valente, che ha partecipato a un incontro sull’agricoltura nell’area alpina, promosso a Strasburgo dall’europarlamentare sudtirolese Herbert Dorfmann.
Uno dei temi affrontati è la fine del sistema delle quote latte e il conseguente rischio che allevamento e sistema lattiero-caseario delle zone di montagna siano travolti dalla concorrenza delle produzioni a basso costo delle grandi realtà di pianura.
Resta inspiegabile l’assenza a questo summit alpino di rappresentanti istituzionali della Provincia di Belluno.
E oggi si parlerà anche della situazione istituzionale bellunese, con la Regione Veneto che ancora non trasferisce alla Provincia le competenze: secondo la legge dell’agosto 2014 era tenuta a farlo entro il mese scorso…
Radio Cooperativa si ascolta in Fm anche in Valbelluna sulle frequenze dei 97.200 e 98.750 Mhz. 

Riforma costituzionale e ResistenzaRiforma costituzionale e Resistenza



Podcast di “Voci dalle Dolomiti” andato in onda in Fm a Radio Cooperativa martedì 17 marzo 2015: in apertura il ricordo della strage nazista del 17 marzo 1945 in piazza Campedel (poi denominata dei Martiri) a Belluno. Furono impiccati dagli occupatori tedeschi quattro partigiani ai lampioni sul “liston”. Si trattò dell’ennesimo orrore, in un clima di terrore, fra uccisioni (anche di civili inermi) e incendi di case nei paesi e di fienili nelle campagne.
Nella seconda parte della trasmissione, un approfondimento per indagare le connessioni tra le vicende locali di mortificazione delle dinamiche democratiche locale (come il commissariamento, prima, e la creazione, poi, di una Provincia non eletta dai cittadini) e il disegno di (contro) riforma della Costituzione voluto dal governo Renzi e fin qui votato quasi compattamente dal suo Pd.

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Regionali, il Bard scende in campoRegionali, il Bard scende in campo



[riceviamo e volentieri pubblichiamo questo comunicato]

«Il movimento Belluno Autonoma Regione Dolomiti – BARD, viste le persistenti difficoltà a convincere i partiti nazionali bellunesi ad assumere posizioni politiche a tutela delle comunità dolomitiche, ha deciso di fare ogni tentativo possibile al fine di poter presentare una propria lista con un proprio candidato consigliere regionale alle prossime elezioni in Regione Veneto.
La legge elettorale regionale impone a ogni lista di raccogliere sottoscrizioni almeno in cinque province.

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Provincia, orizzonte nebulosoProvincia, orizzonte nebuloso

Belluno, veduta verso il monte Serva e il monte Schiara


Neanche il tempo di cominciare a riordinare le idee dopo la rinascita dell’ente provinciale, sia pure in verisone aleatoria e non elettiva, ed ecco che da Roma arriva un nuovo siluro. C’è grande preoccupazione per il destino della Provincia di Belluno, per gli effetti di quanto previsto nella legge di stabilità approvata venerdì notte con il voto di fiducia sul maxiemendamento governativo che incorpora l’intero testo della finanziaria. Sullo sfondo c’è la contestata riforma di questi enti appena entrata in vigore sulla base della cosiddetta legge Delrio.

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Montagna, il bisogno di autonomiaMontagna, il bisogno di autonomia



Diego Cason [Bard]La montagna e l’importanza di forme di governo locale differenziate per questi territori complicati e a rischio spopolamento.

Ospite di Voci dalle Dolomiti il sociologo bellunese Diego Cason (esponente del movimento Bard, Belluno autonoma regione Dolomiti) esperto di problematiche della montagna e di sistemi politico-amministrativi autonomi. Uno sguardo particolare sarà riservato alla situazione bellunese, densa di insidie malgrado la ripartenza della Provincia dopo anni di commissariamento) e al rapporto con le vicine a statuto speciale Trento e Bolzano.

Una opzione cui alcuni lavorano è la nascita di una forte alleanza fra i territori alpini, per unire le forze e contrastare il rischio di diventare solo una impotente dépendance delle vaste aree di pianura a nord e a sud dell’arco montuoso. 

Quale progetto per dare a un territorio montano strumenti di autogoverno per affrontare con maggiori strumenti sociali la fase critica di trasformazione economica che segna gli anni della globalizzazione e della crisi.

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